Libera dal Sapere

E' col cuore che ci si innamora. Non è la testa, lei lo sa; lei l'ha studiata per anni, a medicina. Ha passato con facilità i test d'ingresso alla facoltà ma non si è mai laureata. Non è mai riuscita a studiare tutte le materie che non le interessavano e, dopo tre anni che rifaceva il terzo anno, mentre raggiungeva i venticinque anni, si è ritirata. 
La medicina non riusciva a spiegarle, con biologia e chimica, i sentimenti. Passeggiare non è più così bello, quando si sa ciò che sta accadendo dentro. La contrazione del muscolo, risultante della contrazione dei sarcomeri e conseguentemente allo scorrimento dei filamenti di actina tra quelli di miosina, porta le "teste" della miosina a stabilire dei legami provvisori con l'actina stessa; i ponti trasversali si incurvano​ utilizzando come fonte di energia ATP (l'adenosintrifosfato, una molecola ad alto contenuto di energia) e facendo scorrere i filamenti di actina verso il centro del sarcomero. Ciò provoca l'avvicinamento delle strie Z e l'accorciamento del sarcomero. Questo è il movimento. Poi i ponti trasversali si sganciano e si riformano in un altro punto dei filamenti di actina. Lo stimolo alla contrazione arriva alle fibre muscolari da terminazioni nervose di nervi motori, che si ramificano in modo che ogni ramo innervi una sola fibra muscolare: si forma una struttura complessa, chiamata giunzione neuromuscolare, o placca motrice.​ La Placca Motrice non è poetica. Il passeggiare perde la sua poesia. 
Arianna si siede su quella panchina, anche qui, recettori, movimenti, cuore che pompa, informazioni. Il suo cervello è in fiamme, anche se ormai ha abbandonato l'università. Resta seduta, pur sapendo che il suo corpo non è tranquillo, la mantiene in tensione, in equilibrio. Quanto vorrebbe liberarsi dal sapere. Ma non può dimenticare, o meglio, potrebbe danneggiare l'ippocampo e sperare che si eliminino le giuste memorie, ma che senso avrebbe? Il parco è vuoto, solo lei nella buia e nebbiosa Trieste, con la Bora. Guarda la sua borsa con dentro il grembiule da infermiera. "Finita a fare la commessa. Sono finita a vendere cosmetici. Io studiavo medicina." perché parli a voce alta, da sola, Arianna? Perché non se ne rende più conto, ormai, delusa da sé stessa come non mai. Nella nebbia un altro impavido in bicicletta. Lei lo guarda e, come al solito, se ne innamora. Per un secondo lunghissimo, lo vede comparire, due secondi, lo segue con lo sguardo; tre secondi, è già scomparso nella nebbia. Forse è l'uomo della sua vita, forse non lo saprà mai. Il vento si alza ancora e Arianna si aggiusta la sciarpa, si imbacucca. Le labbra violacee in quell'autunno che è ormai inverno, si appisola sulla panchina, mentre il tramonto scende, sempre troppo presto. 


E' già buio, e inizia ad abbassarsi la temperatura. Le Converse si bagnano di freddo e Arianna è ubriaca di sonno, barcollando verso casa, lo vede. Un altro. Si innamora. Chissà se sono mai stata innamorata davvero, si chiede. Con ogni ragazzo che aveva avuto, bene o male, era finita. Attraversando Parco San Giovanni, andando verso casa sua, ripensò a l'amore, forse mai provato. Aveva sempre dimenticato troppo facilmente, le persone che diceva di aver amato. Sollevando gli occhi un ragazzo le sorride, un cappello di lana buffo, una giacca troppo leggera per la stagione, più giovane di lei, forse vent'anni da compiere. Se ne innamora. Lui le va in contro e lei sorride ancora. 

"Scusami, sono nuovo, cerco l'università, sei di qui? Sai dov'è?" Non le da il tempo di rispondere, con mille domande e la voce agitata, ma allegra. Bassa. Lei se ne innamora ancora un po'. 
"Certo, non sei distante, ci vorrà circa mezz'ora a piedi. Ma se vuoi vado anche io di là." Arianna risponde con malizia. Lui annuisce e le si affianca. 
"Sono Pietro, inizio l'università un mese in ritardo qui a trieste e sonno ancora un po' impacciato, non so prendere i mezzi, ma tanto preferisco camminare." 
"Io amo camminare." Risponde, senza falsità, lei ama camminare se non è sola e pensa alla biologia. I ragazzi si parlano, e quel chilometro passa in fretta, sono fra le montagne, sulla strada buia e fredda, vicini. Lei lo sfiora avvicinandosi, poi è un secondo. Sotto casa di lei lei gli dice di salire, lui accetta, incredulo. Salgono nel piccolo appartamento, lei si leva il grosso cappotto, l'enorme sciarpa e il cappello. Sa che lui la riterrà bella, e finalmente lo guarda bene, mentre gli leva cappello e giacca e lo bacia. L'eccitazione cresce e lui ha perso il suo tono da orfanello preoccupato, ora è un uomo. Mostra il suo corpo giovane senza vergogna, non magro ma bello, e stringe a se il corpo minuto di Arianna. Arianna e Pietro, che bello, stanno così bene come nomi, assieme. Anche se ha sempre sognato un Teseo, anche Pietro le piace. Fa l'amore a lui, come lo si fa ad un innamorato. Poi in un secondo tutto cambia. Lui la gira e spinge, forte, da far male, dimenticando il preservativo e le buone maniere. La scopa. La scopa con violenza, senza amore, con passione, ma senza un sentimento dolce. Arianna si lascia scopare, ma soffre. Forse era l'uomo in bicicletta quello giusto. Forse Pietro e Arianna non stanno così bene, come nomi. Lui è così piccolo. Giovane, viene, mentre lei ancora non è neanche vicina al piacere. Si riveste, la ringrazia e poi corre a rispondere ai cinque messaggi che gli erano arrivati durante la scopata. La sua ragazza, quasi sicuramente. Lui è soddisfatto, Lei pensa al tipo in bici. Resta nuda a letto, con una sigaretta accesa nelle lenzuola della nonna defunta, che la guarda dal portafoto sul comodino. Lui va via, salutandola solo con un sorriso e finalmente con dell'imbarazzo. 
Arianna pensa a tutti i muscoli che ha mosso, che si sono contratti, che sono stati stimolati; agli ormoni che sono stati e.. escre.. escreti? Lei odia sapere certe cose. 
Il prossimo anno si iscriverà a Psicologia, magari a Padova, per cambiare ambiente. E forse per capire da dove arriva, questo maledetto amore.

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