Il sorriso di un bambino

Il disgusto nel viso dell'anziana signora era palese. 
Un negozio di giocattoli, delle ginocchia sbucciate su di un tappeto morbido e rosa con dei balocchi forse un po' vecchi; risatine di gioia e il sorriso della mamma e del papà sul bambino, un sorriso che non ha valore in denaro o in sacrifici: un sorriso che vale il mondo, la luna, e sarà sempre troppo poco.
Eppure quel sorriso è minacciato dalla signora sulla sessantina che fissa i capelli platino e di plastica della bambola con repulsione, mentre ondeggiano a destra e manca, nella manina cicciotella; la bambola che passeggia nel peloso e roseo mondo verso la sua grande villa, sorride falsamente della scena stucchevole in cui si ritrova, ma non è finta per nulla la gioia di lui. 
Nel giorno antecedente il suo  secondo compleanno, Pietro è stato accompagnato dai genitori nel negozio di giocattoli più grande della zona ed ivi è rimasto incantato da una Barbie.
«Bimba» ha affermato, indicandolo la rosea millantatrice che, come la Sirena con Ulisse, lo richiama a se, fra mille sbrilluccichii di paillettes. E incantato mentre la prende dal pavimento, si siede sul grande tappeto morbido e vi rimane a cullare il dolce soggetto del suo desiderio; tutto ciò sotto gli occhi attenti di Antonietta, una donna di 65 anni che non ha nulla di meglio da fare che giudicare la gioia di un bambino.
«No!» gli dice avvicinandosi a lui «quella non è per te.» gli prende la bambola dalle mani e subito la mamma Gaia si avvicina.
«Scusi, non pensavamo che non potesse toccarla, ma siamo qui per comprare..» si giustifica, sorridendo alla proprietaria del negozio.
«Nononono» la interrompe «I giochi sul pavimento si possono, sì, usare, ma questa ghe, sì, la zona delle tose, non ghe niente per lui.» Il suo forte accento trevigiano, stona con il tentativo di italiano, ma ancor più stona, per mamma Gaia, questo discorso.
«Scusi?» Chiede sconcertato, mentre papà Sebastiano cerca di consolare il piccolo Pietro che piange, avendo perso il bramato gingillo.
«Le macchinette e i dinosauri sono di fronte» indica Antonietta il tappeto blu poco lontano.
«Guardi,» non cerca di essere scortese o lo scontro, Gaia «diamo un occhiata e paghiamo.» Sorride, mentre si allontana sotto gli occhi vigili di Antonietta.
Dopo un giro nella zona degli ometti, tenendo salda nelle sue manine la Barbie, Pietro è convinto della sua scelta, è felice e la stringe a se. Giunti in cassa con la scatola della Barbie, Sebastiano paga la commessa del negozio che gli sorride divertita dalla scelta, perdendosi nello sguardo innamorato del piccolo bambino. Incarta con un grande fiocco azzurro la bambola, mente la mamma rassicura Pietro che si lamenta con un «Bimba domani sarà tutta tua.» non riuscendo del tutto a convincerlo, e la famiglia esce dal negozio soddisfatta.
«Non capisco» sbotta Antonietta, « poi si lamentano che diventano culattoni, i miei figli mai hanno osato chiedere una cosa del genere...» e si perde nel suo discorso omofobo mentre Silvia, laureata in psicologia infantile con una tesi premiata con menzione accademia nel desiderio dei bambini, ripulisce l'angolo pacchetti.

Che valore ha un sorriso per un genitore? si chiede Che valore ha la felicità di un bambino, se non quello di far perdere qualsiasi valore ad un pregiudizio, ad un interesse comune, o semplicemente all'opinione di qualsivoglia essere che non sia il proprio figlio? Se l'oggetto che scaturisce il sorriso sia questo piuttosto che quello, una bambola piuttosto che una macchinina, un videogioco o una scatola, che importa? Il potere del sorriso di un bambino è proprio quello di eliminare ogni frustrazione e, se il bambino è tuo, va forse ogni singolo pensiero si perde di fronte a una cosa così immensa come un piccolo sorriso sdentato.
Può una donna che è stata mamma dimenticare quel sentimento di perfetta armonia del sorriso di un bambino?

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